Cineporto http://localhost/cineporto26 Un nuovo sito targato WordPress Fri, 28 Feb 2014 12:37:43 +0000 it-IT hourly 1 http://wordpress.org/?v=3.8.1 MASSIMO ANDREI http://localhost/cineporto26/massimo-andrei/ http://localhost/cineporto26/massimo-andrei/#comments Tue, 11 Feb 2014 22:42:53 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=184 Image_143UN GLADIATOREAttore, regista ed autore teatrale, ha fatto parte per cinque anni della compagnia di Vincenzo Salemme, interpretando “Di Mamma ce n’è una sola”, “Sogni e bisogni”, “Ho fatto a pezzi il teatro”, “L’amico del cuore”. Sempre a teatro si è avvicinato sia alla drammaturgia contemporanea, diretto da Pier Paolo Sepe, sia alla commedia (Scarpetta, De Filippo).

Come regista teatrale ha maturato diverse esperienze, dirigendo sia spettacoli musicali che tragedie comiche. Autore radio televisivo e musicale, sul piccolo schermo ha anche lavorato come attore in “Il Commissario Manara 1 e 2”, regie di Davide Marengo e Luca Ribuoli, “Famiglia Salemme Show” di Giampiero Solari e Duccio Forzano, “Una famiglia in giallo” di Alberto Simone, “Camici bianchi” di Stefano Amatucci, “Tequila e Bonetti” di Bruno Nappi, “Valeria medico legale” di Gian Francesco Lazotti e “La voce del sangue” di Alessandro Di Robilant. Sul grande schermo ha lavorato come attore in produzioni come “Lo spazio bianco” di Francesca Comencini, “Nauta” di Guido Pappadà, “Amore a prima vista” e “Volesse il cielo!” entrambe di Vincenzo Salemme.

Il suo film d’esordio da regista, “Mater Natura”, (di cui ha curato anche soggetto e sceneggiatura), è stato vincitore della Settimana della Critica alla 62° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Premio del Pubblico, Premio Isvema, Premio Fedic e numerosi altri riconoscimenti in vari festival di Cinema. È stato inoltre sceneggiatore di “Nauta” e del lungometraggio “Senza zucchero”.

NOTE DI REGIA La miseria non fa ridere quasi mai, ma ho cercato di raccontarla mantenendo il tono esilarante ereditato dalla commedia teatrale da cui hai origine questa vicenda. Non volevo che ci fossero le tinte fosche e losche dell’insediamento di un immigrato ai margini della nostra comunità, ma che ci fossero musica e colori vivaci per raccontare il mondo del finto benessere raggiunto da chi sfrutta: un mondo che alla prima occasione non rinuncia a costosi Suv.

Non volevo perdere quella comicità che scaturisce dalla mancanza totale di mezzi, da quella miseria estrema che porta i protagonisti di questa storia a fare qualsiasi cosa pur di farcela, anche travestirsi da centurione e girare in biga per una Roma trafficata, e – volendo guardare al grande cinema – ho cercato di farmi ispirare dalle atmosfere del primo atto di “Miseria e Nobiltà” con Totò, nell’immaginare i miei fantastici disperati. È proprio nel raccontare l’arte dell’arrangiarsi nella sua forma più bizzarra, che si evidenzia l’entusiasmo che il nostro bielorusso porta nel rassegnato e sfinito mondo dei suoi “padroni”. Il tutto senza i toni tristi e amari che il plot vorrebbe, ma tradendo le tipiche tinte del dolore e della miseria e narrando con colori e musiche popolari un mondo che nonostante le privazioni, non rinuncia a schermi al plasma, prontomoda e accessori pseudogriffati, incerate verde-acido e auto costose.

Infine Roma, protagonista anche lei di questa storia: la Roma costruita per il popolo di 2000 anni fa e la Roma costruita per il popolo di oggi e cioè il Colosseo, edificato per ospitare spettacoli popolari, una Roma A come Archeologica, e i palazzoni di cemento armato della periferia romana, fatta di appartamenti pressati uno sull’altro, dove vivono i nuovi poveri, quelli che hanno perduto tutto in questi anni e i poveri di sempre, quelli che non hanno avuto mai niente. Evitando completamente la Roma papale, quella umbertina, quella del Ventennio e quella residenziale, solo la Roma archeologica e quella dell’estrema periferia, cioè la A e la Z fanno da sfondo a questa storia di tre comiche disperazioni.

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ROLANDO RAVELLO http://localhost/cineporto26/rolando-ravello/ http://localhost/cineporto26/rolando-ravello/#comments Tue, 11 Feb 2014 22:36:50 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=180 Image_128TUTTI CONTRO TUTTINel 1995 esordisce sul grande schermo come protagonista del film “Romanzo di un giovane povero” di Ettore Scola in concorso al Festival di Venezia. Con Scola interpreta altri tre film, “La cena”, “Concorrenza sleale” e “Gente di Roma”, nei quali veste sempre i panni del ragazzo buono e malinconico. Alex Infascelli gli affida invece il ruolo del serial killer nel thriller “Almost Blue” tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Lucarelli. Recita in “Certi bambini” dei fratelli Frazzi, trasposizione dell’omonimo libro di Diego De Silva. Con Sergio Citti recita in “Fratella e sorello”.

Per la televisione è Marco Pantani nella miniserie Rai 1 “Il pirata” di Claudio Bonivento. E’ il protagonista di “Terapia d’urto” di Giorgio Faletti, regia di Monica Stambrini per la serie Crimini, Rai Due. Per “Il Pirata” e per “Terapia d’urto” si aggiudica il premio come Miglior Attore nella prima edizione del Roma Fiction Festival.

E’ ancora protagonista del film per la tv “Niente di personale” di Carlo Lucarelli, per la regia di Ivano De Matteo, in onda su Rai Due. Sempre per la tv è l’Ispettore Sergio Vitale, protagonista della serie “La Nuova Squadra Spaccanapoli”, in onda su Rai Tre. Nel 2012 è tra i principali interpreti del film “Diaz” sui fatti di Genova 2001, prodotto da Fandango con la regia di Daniele Vicari. In teatro tra le sue interpretazioni più recenti Calibano ne “La Tempesta” di Andrea De Rosa e “Agostino” monologo scritto a quattro mani con Massimiliano Bruno per la regia di Lorenzo Gioielli.

Ispirandosi al tema delle abitazioni abusive trattato in “Agostino”, Ravello ha poi realizzato “Via Volontè n. 9”, un film documentario scritto con Emilio Marrese e prodotto da Fandango. Il film si è aggiudicato il Premio per il Miglior Documentario al RIFF (Roma Indipendent Film Festival) nel 2009. “Tutti contro tutti” è il suo debutto alla regia.

NOTE DI REGIA “Sarà la decima volta che inizio a scrivere queste note di regia, e puntualmente mi fermo. Il problema, mi accorgo, è che regista ancora non mi ci sento. Ho fatto l’esame, ma ancora devono uscire i quadri. Promosso o bocciato, girare questo film è stata una liberazione, una ventina di anni di analisi risparmiati, la scoperta di una parte di me che misteriosamente nascondevo. “Tutti contro Tutti” nasce dall’esigenza di raccontare quello che mi sta a cuore, che muove il mio sguardo sul mondo e mi agita i pensieri. Mi interessa chi fa fatica, mi piace chi non è fortunato, ci entro naturalmente in empatia. Cosi, quando qualche anno fa, Agostino mi chiamò mentre ero in mezzo al traffico, per raccontarmi che gli avevano rubato casa, mi è venuto naturale pensare ad un film che raccontasse le battaglie che si trova a combattere chi vive il nostro tempo. Mi vidi immediatamente con Massimiliano Bruno, mio amico da vent’anni, per scrivere il soggetto di una storia che da lì prendeva spunto. E in questi anni poi l’ho approfondita, realizzando a teatro “Agostino” con la regia di Lorenzo Gioielli e girando il documentario “Via Volontè n.9”, con Emilio Marrese e la regia di Lorenzo Scurati. Al termine di questo cammino, quel soggetto ha trovato finalmente un punto di arrivo grazie alla Fandango e alla Warner. Ho avuto la possibilità di circondarmi di persone fidate e amiche, professionisti con cui avevo lavorato e che stimo profondamente. Pensavo mi prendessero per pazzo quando ho iniziato a spiegare ai miei collaboratori, da Emanuele Scaringi (delegato di produzione), a Paolo Carnera (fotografia), a Sonu Mishra (costumi), a Alessandro Vannucci (scenografia), a Mannarino e Tony Brundo (musiche), quello che volevo esattamente dal film.

Volevo raccontare questa storia quasi con i colori di una favola, come se avvenisse sotto l’enorme tendone di un circo, mantenendo la commedia, senza tuttavia perdere il realismo e l’umanità che cercavo dai personaggi e ho trovato persone entusiaste e complici. Non è stato facile neanche il compito del fonico e del suo microfonista (Valentino Giannì e Davide D’Onofrio), ai quali avevo chiesto di darmi la possibilità di microfonare sempre tutti, nonostante avessi sempre molti attori in scena, così da non perdere eventuali improvvisazioni.

E ce ne sono state molte. E preziosa anche la mia segretaria di edizione, Giulia Contino, e l’operatore, Ivan Casagrande, due alleati e anche qualcosa in più. Così, questo raccontare, è diventato una cosa naturale. Ora vedo il film e vedo me, con i miei pregi e i miei difetti ed è una sensazione strana. Come attore hai sempre un personaggio dietro al quale puoi nasconderti, qui invece si gioca a carte scoperte.

Per la prima volta senza difese, ho messo in comune i miei sogni, le mie emozioni, i miei pensieri ed è stato bello accorgersi che venivano condivisi e supportati. Ora questo altro me acquista vita propria, affronterà platee più vaste e sono davvero curioso di capire se con il pubblico avverrà quella stessa condivisione. Se l’esperienza potrà farsi comune. Agostino e la sua famiglia sono dei piccoli eroi, sono le persone che ci incrociano per strada e che ormai non guardiamo più, siamo noi, lasciati a combattere in solitudine la battaglia quotidiana per una vita dignitosa. Sorridendoci su per fortuna, che la vita è davvero un bel regalo.”

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MICHELE RHO http://localhost/cineporto26/michele-rho/ http://localhost/cineporto26/michele-rho/#comments Tue, 11 Feb 2014 22:32:14 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=176 Image_118CAVALLIMichele Rho (1976) è nato a Milano. Si è diplomato in Regia presso la Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi. Ha lavorato per alcuni anni nel teatro come attore e regista. Quindi ha cominciato a lavorare per il cinema. Nel 2002 è regista e sceneggiatore di “Milan”, un breve documentario.

E’ del 2004 la sua esperienza di regista e sceneggiatore di “Post-it” cortometraggio prodotto da Gianluca Arcopinto, selezionato per il N.I.C.E, New Italian Cinema Events. Nel 2004 vince una Menzione Speciale della Giuria e il Premio Migliore Montaggio al Festival di Arcipelago. Del 2008 è il cortometraggio “Veglia”. Ha collaborato con SKY. “Cavalli” è il suo primo lungometraggio.

NOTE DI REGIA “Quando ho letto per la prima volta il racconto “Cavalli” ho provato una piacevole sensazione di déjà vu, come se nella mia testa questa storia esistesse già, come se l’avessi vissuta in prima persona. “Cavalli “ ha il sapore di quelle storie che ti raccontano da piccolo. Storie che ti rimangono dentro anni per poi essere raccontate di nuovo.

Questo film parla di qualcosa di ancestrale e di animalesco: è la storia di un amore fraterno, forte, violento, viscerale e indispensabile. Parla di un amore per chi c’è e per chi non esiste più. È la storia di un’amicizia che non finirà mai. È la storia di una crescita. Del camminare insieme condividendo la stessa strada per poi dividersi. La realizzazione di “Cavalli” è stato un ‘viaggio’ difficoltoso. Una montagna difficile da scalare. Per quanto il percorso fosse chiaro fin dall’inizio e il punto di arrivo forte nella mia testa spesso mi sono trovato in balia dei capricci della Natura: maltempo, animali inquieti, infortuni e quant’altro. Fu chiaro fin da subito che per arrivare in cima alla vetta avrei dovuto essere pronto a stravolgere i miei piani, a cambiare sentiero scoprendone dei nuovi più tortuosi e accidentati. Infatti per quanto mi ostinassi a voler “domare” il film e a portarlo dove volevo io questo mi sfuggiva dalle mani, mi si rivoltava contro conducendomi altrove. Lui non si sarebbe semplicemente piegato al mio volere.

Dunque ho deciso di assecondarlo dolcemente trovando un punto d’incontro e sfruttando tutti gli imprevisti che quotidianamente mi si prospettavano. Solo così sono riuscito ad arrivare in cima, passando per luoghi che mai mi sarei immaginato. E come tutti i viaggi quando arrivi a destinazione ti guardi indietro e ti scopri cambiato, diverso. Non sei più la stessa persona che eri prima di partire. Ti chiedi come hai fatto a fare tutta quella strada. I miei compagni di viaggio sono stati fondamentali in questo percorso e meriterebbero di essere ringraziati uno ad uno. Ora che “Cavalli” è finito lo guardo e ne sono orgoglioso perché in esso ritrovo forte l’idea del film che volevo fare.”

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EMILIANO CORAPI http://localhost/cineporto26/emiliano-corapi/ http://localhost/cineporto26/emiliano-corapi/#comments Tue, 11 Feb 2014 22:26:22 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=171 Image_106SULLA STRADA DI CASAEmiliano Corapi è nato a Roma il 13 agosto del 1970. Dopo la laurea in giurisprudenza, inizia l’attività di regista scrivendo e realizzando diversi cortometraggi che partecipano a numerosi festival, ricevendo premi e riconoscimenti.
Tra questi “La Storia Chiusa”, datato 2001 ottiene, tra gli altri, anche il Nastro d’Argento. Negli anni, poi, realizza documentari, spot e video commerciali. Nel 2009 dirige la puntata pilota per serie Tv “Raffinati”, presentata al Roma Fiction Festival. “Sulla Strada di Casa” è il suo primo lungometraggio.

 

 

 

NOTE DI REGIA “Ciò che mi suggestionava dello spunto che mi ha portato poi al copione, era la possibilità di farne un film di tensione che non fosse puramente di genere, ma che avesse anche una natura drammatica in grado di approfondire quello che da subito mi è apparso come il tema centrale: il bisogno di mantenere integro il proprio bagaglio di valori e la propria identità.

Un tema classico ma – credo – attuale in un momento storico di grande confusione, in cui le differenze tra bene e male tendono a essere rappresentate come poco significative, e le persone faticano a non perdersi, così come accade ai personaggi della storia, che per necessità iniziano a praticare il crimine pur non essendo criminali. Sia in scrittura che in ripresa, ho quindi cercato di realizzare un film di tensione che non fosse necessariamente legato agli stilemi tipici del film di genere, ma che avesse invece un tratto realistico e uno spessore drammatico legato a rapporti umani e contesti capaci di riflettere più possibile i nostri giorni, e parlare di noi.”

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MATTEO OLEOTTO http://localhost/cineporto26/matteo-oleotto/ http://localhost/cineporto26/matteo-oleotto/#comments Tue, 11 Feb 2014 22:21:17 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=167 Image_090ZORANNasce a Gorizia nel 1977. Nel 2001 si diploma come attore presso la Civica Accademia d’ Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine e nel 2005 si e` diplomato come regista presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. I suoi cortometraggi “A doppio filo”, “Casinò Paradajz”, “Can can”, “Stanza 21”, “Passeranno anche stanotte”, “La luna ci guarda”, hanno viaggiato per il mondo riscuotendo premi e menzioni speciali.

Ha lavorato inoltre, in qualita` di regista, per programmi televisivi e spot commerciali, andati in onda su La7, MTV, RAI3, history ChannelL e Foxlife. E` stato coproduttore, aiuto regista e attore per il pluripremiato cortometraggio dal titolo “Nonna si deve asciugare” di Alfredo Covelli e ha partecipato come attore coprotagonista al film “Lezioni di cioccolato” di Claudio Cupellini.

Prima di dedicarsi completamente alla regia ha lavorato come telefonista in un call-center, come bagnino, in una ditta di traslochi, in un autolavaggio, come operaio in una ditta di microcomponenti, assistente notturno di un ospedale psichiatrico, cameriere, aiuto cuoco, giardiniere, arbitro di basket, portiere d’albergo, istruttore di nuoto. Ad oggi, sta sviluppando il suo secondo film e nel tempo libero, si occupa di vino, gestendo la vigna di famiglia, lasciatagli in eredita`.

NOTE DI REGIA Dopo 13 anni trascorsi a Roma ho deciso di ritornare a casa mia, in Friuli Venezia Giulia, per girare il mio primo film. Gli anni trascorsi a Roma mi sono serviti per studiare e per formarmi come regista, ma anche per scrollarmi di dosso le dinamiche del piccolo centro in cui sono nato e cresciuto, nelle quali ero letteralmente immerso. Proprio questo distacco e il mio conseguente ritorno, mi hanno regalato la lucidita` nell’osservarle che altrimenti non avrei avuto. E una grande voglia di raccontarle. Un tempo pensavo che in un paese non accadesse nulla d’interessante e che solo la citta` potesse essere un luogo vitale di scambio e d’interazione. Oggi sono pronto a ricredermi.

Ho capito che la citta` puo` raffreddare e inibire il contatto: le persone hanno modo di nascondersi, di confondersi, di perdersi. In una grande citta` e` sufficiente frequentare quartieri differenti per non incontrarsi per mesi, per anni. In un paese questo non accade. Le dimensioni di un piccolo centro di provincia costringono a partecipare alla vita di tutti, che lo si voglia o meno: impossibile sottrarsi all’attenzione della collettivita`, impossibile nascondersi, impossibile perdersi di vista. Centro nevralgico di queste dinamiche e` la piazza del paese e, in una terra come la mia, l’osteria, dove si incrociano volti, informazioni, esistenze, frustrazioni, passioni.

L’osteria vista come palcoscenico che accoglie professionisti e attori allo sbaraglio, come luogo in cui ci si rifugia per sollevare questioni e da cui si esce senza aver avuto delle risposte. Nel mio film ho voluto raccontare come le vicissitudini di un uomo che si ritrova improvvisamente costretto a gestire la vita di un nipote s’intreccino a quelle della piccola collettivita` che, come un bassorilievo animato, fa da sfondo alla vicenda.

Anni fa ho conosciuto un adolescente schivo e timido, con un gran talento per il gioco delle freccette. Soltanto con le sue freccette in mano e lo sguardo fisso sul bersaglio accettava di trovarsi al centro dell’attenzione di tutti. Nei rapidi minuti in cui si svolgeva il gioco diventava forte e quasi spregiudicato nel relazionarsi con gli altri e nei suoi occhi brillavano lampi d’intelligenza. Terminata la competizione rientrava sotto l’ombra della sua consueta timidezza. Mi ha molto colpito il modo in cui una grande passione potesse arrivare a cambiare i contorni del carattere di un giovane ragazzo, seppur momentaneamente. E cosi` ho deciso di fare di lui il mio Zoran.

Paolo invece e` un distillato delle tante persone che animano la mia piccola citta`. Persone che passano le loro giornate a fantasticare sui luoghi in cui vorrebbero andare anche se sanno che non se ne andranno mai. Individui che hanno trascorso una settimana a Parigi in viaggio di nozze vent’anni fa, e che parlano delle capitali europee come se le avessero conosciute tutte. Uomini che vivono contemporaneamente l’orgoglio e la frustrazione di non essersene andati, e mettono a tacere il contrasto di emozioni ordinando un altro bicchiere di vino.

A popolare il mondo in cui vive Paolo, un corollario di figure concrete, rassegnate, appassionate, ironiche, che parlano molto per coprire i silenzi, che dicono per nascondere quello che non riescono a dire, che temono piu` di ogni altra cosa di fare brutta figura e i loro sforzi li spingono fatalmente a diventare interessanti e poetici. Un personaggio occulto di questo film, e` senza dubbio il vino. Se nel resto d’Italia si usa l’espressione “ci vediamo per un caffe`?”, in Friuli si dice “ci vediamo per bere un bicchiere?”, e che si tratti di vino e` sottinteso. Il vino che fa prendere delle decisioni importanti e perdere importanti occasioni; il vino che confonde, enfatizza, stordisce o rallegra. Il vino come complice di Paolo nei suoi piani inconcludenti e che accompagna la sua ostinata solitudine; il vino come merce di scambio, come filo rosso nei racconti d’osteria, il vino che motiva il fallimento o come fattore di dipendenza spesso inconscia. E` una commedia rigorosa nonostante ci sia una ex moglie che invita a pranzo l’ex marito alla presenza dell’attuale convivente, nonostante una donna anziana passi il suo tempo a bere di nascosto dal figlio, nonostante ci sia un uomo che cerca in Dio la forza per smettere di bere e nonostante un protagonista arrabbiato e cinico cerchi di farsi i soldi e di recuperare un amore attraverso un nipote scemo capace di giocare a freccette. Vi sembra impossibile? A me no.

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BRUNO OLIVIERO http://localhost/cineporto26/bruno-oliviero/ http://localhost/cineporto26/bruno-oliviero/#comments Tue, 11 Feb 2014 22:14:35 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=162

BRUNO OLIVIERO

LA VARIABILE UMANANato nel 1972, cresciuto nella periferia sud di Napoli. Dopo gli studi in antropologia e un’ esperienza in teatro a Napoli alla fine degli anni 90 inizia a fare documentari che nel corso degli anni hanno partecipato con successo ad importanti festival internazionali.

Dopo il suo trasferimento a Milano nel 2003 si divide tra Napoli, Milano e Parigi, per realizzare i suoi documentari che spesso sono prodotti in Francia. “La variabile umana”, suo primo film di finzione, arriva dopo tre documentari dedicati alla Città di Milano : “MM Milano mafia” sulla presenza mafiosa, “Milano 55,1” sulla politica, “Il giudice e il segreto di stato” sulla giustizia e il terrorismo. I suoi film documentari vengono trasmessi con regolarità dalle televisioni europee.

NOTE DI REGIA “Si tratta di un film ispirato alla letteratura gialla americana degli anni Trenta, ad autori come Cornell Woolrich. (…) Quando ho iniziato a scrivere il film inizialmente l’idea era di dar vita ad un personaggio maschile che rappresentasse la legge e che fosse deluso da quello che la sua professione nella funzione pubblica rappresenta. Volevo che egli fosse poi richiamato da un fatto personale molto spinoso a ripensare al suo ruolo di uomo pubblico (…). Faccio da sempre documentari e sentire il clima del luogo è una delle mie prerogative. Ci siamo limitati a osservare il clima che si viveva a Milano. Al centro della storia c’è un uomo messo in crisi da istanze morali ed etiche che lo toccano da vicino, ma abbiamo lavorato su quello che c’era intorno e Milano era già così prima delle notizie di cronaca. (…) Ho voluto essere molto preciso nel raccontare una città quasi mitologica, mi sono sentito più libero che nel documentario ma la mia è stata una scelta ponderata, potevo finalmente analizzare tutta quella parte dell’animo umano senza che il mio lavoro risultasse ai limiti del voyeuristico, quando lavori ad un documentario prendi pezzi di vita reale della gente mentre qui li costruisci tu senza essere invadente. (…) Penso che per fare il cinema oggi bisogna fare delle proposte agli spettatori, dargli qualcosa di nuovo: si tende per lo più a desaturare i film di questo genere, che sono sempre lividi, tendenti al bianco e nero. Col direttore della fotografia ci siamo detti invece che dovevamo costruire una sorta di iperrealtà, saturando in post produzione. Volevamo mischiare il cinema classico hollywoodiano, con i suoi carrelli e i dolly, con la macchina a mano più semplice possibile, che viene dal documentario”. (dichiarazioni di Bruno Oliviero tratte dai siti comingsoon.it e movieplayer.it)

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LEONARDO DI COSTANZO http://localhost/cineporto26/leonardo-di-costanzo/ http://localhost/cineporto26/leonardo-di-costanzo/#comments Tue, 11 Feb 2014 22:08:07 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=155 LEONARDO DI COSTANZO

L'intervallo

Leonardo Di Costanzo è nato ad Ischia. Dopo essersi laureato all’Istituto Orientale di Napoli, si è trasferito in Francia dove ha seguito i corsi di Regia di Cinema Documentario presso gli Ateliers Varan.
Questa esperienza lo ha portato ad aprire un centro per documentaristi in Cambogia insieme con il regista Rithy Panh. Tra i suoi film documentari ricordiamo “Prove di Stato” (1999), che affronta il tema della latitanza dello Stato nel comune di Ercolano e “A scuola” (2003), spaccato di vita scolastica in un istituto delle medie inferiori di Napoli, presentato alla Mostra di Venezia.

 

 

 

 

NOTE DI REGIA: “L’intervallo” è il mio primo film di “finzione”, finora avevo realizzato film documentari, ma anche in questo lavoro mi è rimasta intatta la curiosità nei confronti del reale come dimensione inesauribile di ispirazione, la fiducia nelle sue infinite possibilità narrative. Perciò, anche in questo film, ho iniziato come nel documentario ad osservare e ad ascoltare a lungo.

Con Maurizio Braucci e Mariangela Barbanente, i due sceneggiatori, abbiamo incontrato e frequentato a lungo degli adolescenti, andando nei loro luoghi di ritrovo e parlando e ascoltandoli molto. Quando abbiamo iniziato a scrivere ci è apparso subito chiaro che avremmo dovuto pensare la sceneggiatura in modo da lasciare poi spazio agli attori affinché arricchissero i caratteri e le vicende con il loro vissuto; consideravamo la sceneggiatura una sorta di canovaccio, preciso, ma sufficientemente aperto. Benché il film fosse pensato per essere recitato in stretto dialetto napoletano la sceneggiatura è stata scritta in italiano, per lasciare poi agli attori -in fase di preparazione- il compito di tradurla e di adattarla a sé. Per rendere possibile ciò, ho deciso già dall’inizio che i due attori principali sarebbero stati dei non professionisti.

La preparazione e la ricerca degli attori è stata lunga. Attraverso scuole ed associazioni di educatori, ho incontrato circa 200 adolescenti di quartieri popolari napoletani e, con l’aiuto di Antonio Calone ed Alessandra Cutolo, ne ho selezionati una dozzina, più o meno 6 coppie di possibili protagonisti del film. Abbiamo lavorato con questi ragazzi per oltre tre mesi senza mai mettere mano alla sceneggiatura. Si è creato un bel gruppo e, tra noi adulti, già dall’inizio lamentavamo che la scelta finale avrebbe implicato l’esclusione della maggior parte dei selezionati. Di ciò con i ragazzi ne parlavamo spesso ma tutti ci ribadivano che per loro si trattava di un ’esperienza utile e bella indipendentemente dall’esito. Solo quando ormai le scelte si erano ristrette a due coppie, abbiamo iniziato a lavorare sulla sceneggiatura.

In questa fase abbiamo anche tradotto in napoletano i dialoghi, raccogliendo le suggestioni degli attori che penso li abbiano arricchiti e resi più aderenti al loro mondo. Durante questo lungo laboratorio si trattava di individuare non solo i più bravi e abbinabili tra loro, ma anche coloro che sarebbero stati in grado di assumersi l’impegno fino in fondo e, ancora nei primi giorni di riprese, avevo il timore che qualcuno ci mollasse prima della fine. Invece Francesca e Alessio sono stati incredibili per impegno e disponibilità. Anche in fase di ripresa volevamo che la macchina cinema fosse la più discreta e agile possibile per lasciare agli attori la massima libertà. Con Luca Bigazzi abbiamo deciso di girare, a parte qualche necessario rinforzo nelle notturne, senza luci aggiuntive e con macchina a spalla per poterci adattare noi al modo degli attori di occupare lo spazio spontaneamente.

Abbiamo inoltre optato per il super 16 , perché capace di assorbire i forti contrasti di luce tra interno ed esterno. Tutto questo per raccontare una storia di adolescenti dove gli adulti non ci sono o sono al di “fuori”, avvertiti come minaccia o come portatori di regole e consuetudini da rispettare. Qui sono quelle della camorra che minaccia e blandisce e con le quali a gradi diversi è costretto a fare i conti chi continua a scegliere di vivere in questa città.

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SAVERIO DI BIAGIO http://localhost/cineporto26/saverio-di-biagio/ http://localhost/cineporto26/saverio-di-biagio/#comments Tue, 11 Feb 2014 22:00:39 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=151 SAVERIO DI BIAGIO

Image_055Nato a Roma nel 1970, inizia nel 1992 a collaborare con molte compagnie teatrali di prosa e di lirica. Grazie a Gianfranco Mingozzi, comincia a lavorare nel cinema come aiuto regista, attività che svolge per più di 15 anni, collaborando con noti autori del cinema italiano come Maurizio Sciarra e Daniele Vicari.
Gira cortometraggi, video musicali e ha all’attivo diverse regie di seconda unità. Nel 2008, con la regia di Articolo 24, partecipa a “All human rights for All”, film collettivo sui diritti umani presentato al Festival Internazionale del cinema di Roma 2008. Quella di “Qualche nuvola”, è stata sicuramente una storia singolare.
Una sceneggiatura risalente al 2004, addirittura finalista con Menzione Speciale al premio Solinas, Sezione Leo Benvenuti, che rischiava di non veder mai la luce. Solo nel 2010 Di Biagio è riuscito infine a girare il film, facendone il suo esordio alla regia, presentandolo al Festival di Venezia nel 2011 e poi nel 2012 finalmente nelle sale.

NOTE DI REGIA Qualche Nuvola è una commedia sentimentale. Un gioco di racconti e bugie sulla crisi delle unioni e sul valore che gli viene attribuito. Il film è ambientato a Roma, è un progetto italiano, ma i temi trattati (il matrimonio, il lavoro, gli affetti) lo rendono “universale”. Ho provato a raccontare Roma come Robert Guédiguian (un esempio tra i tanti) è riuscito a raccontare Marsiglia, con i suoi tipi umani e i suoi mille colori. Ho pensato di riprendere i miei personaggi con un tocco agile per dar valore ai loro semplici sogni. Mi interessa sottolineare i contrasti, raccontare la vivacità di personaggi autentici e le differenze di classe che la attraversano, differenze che ormai non investono più necessariamente l’aspetto economico, ma che si lasciano percepire attraverso sfumature più sottili, gesti, gusti, letture, luoghi frequentati. Intendo mettere in risalto lo spazio in cui i personaggi si muovono, le periferie ultramoderne e un po’ inquietanti, i locali alla moda del centro e i rituali mondani della nuova borghesia. Mi è sembrato che la via giusta passasse per sequenze sottili su dialoghi apparentemente semplici ma che svelano sempre di più di quello che dicono. Lo stile di ripresa contempla pochi primi piani per raccontare le emozioni e lunghi piani sequenza per confondersi col tempo reale.

Per mantenere la fluidità delle scene contro i veloci passaggi di sceneggiatura è stato necessario un attento lavoro con gli attori che ha reso spontanee le reazioni. Mi sono sempre piaciuti i film che riescono a introdurre toni ironici in storie di poetica umanità. Ho studiato questi film e ho provato ad usarli come modelli, spero di esserci riuscito.

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MARIANO LAMBERTI http://localhost/cineporto26/mariano-lamberti/ http://localhost/cineporto26/mariano-lamberti/#comments Tue, 11 Feb 2014 21:46:08 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=144 MARIANO LAMBERTI

LOCANDINA_GAYLaureato in Filosofia all’Università Orientale di Napoli, si è poi diplomato nel 1992 presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e nel 1996 presso la New York Film Academy.

Nel 1997 ha realizzato in collaborazione con Roberta Calandra il documentario “Una storia d’amore in quattro capitoli e mezzo” sulla vita dello scrittore ebreo Brett Shapiro, che ha vinto il Premio Libero Bizzarri Sezione Storia ed è stato distribuito dal quotidiano L’ Unità.

Del 1998 è il suo primo lungometraggio “Non con un bang” che viene presentato alla 56ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nella sezione Nuovi Territori e distribuito nel 2001 dalla Thule Film.

Il film ha ricevuto una nomination per l’International Fantasy Film Award al Festival Internazionale del Cinema di Porto del 2000. Nel 2007 ha curato la regia della serie TV “Colpi di sole” andata in onda su Rai Tre. Ha poi collaborato con Paolo Sorrentino, Pietro Marcello e Guido Lombardi e altri autori per la realizzazione del film “Napoli 24″, film collettivo prodotto da Nicola Giuliano, Angelo Curti e Giorgio Magliulo.

“Good As You” è una commedia sulla comunità gay raccontata finalmente senza drammi o pietismi. Uno spaccato allegro, autoironico e divertito (a volte provocatoriamente onesto) su vizi e virtù della comunità stessa che, come tutte le minoranze vissute nell’oblio o, nel caso omosessuale, nella vergogna, spesso cerca di arrivare al grande pubblico con un gancio vittimistico (come a dire: “guardate che dramma silenzioso è la nostra esistenza“) o idealizzante (i gay sono tutti buoni, anzi migliori degli altri, come se solo questo potesse “riscattarli dalla loro condizione”). L’intento di “Good as You” è stato invece quello di andare in una direzione diametralmente opposta.

Una scelta precisa, pur nella consapevolezza che un registro di questo tipo (non macchiettistico, né rassicurante) raramente si è visto nel nostro cinema. “Good As You” è il mondo gay presentato senza facili condiscendenze, senza finti pudori (ma neanche morbose curiosità), dove al giudizio si sostituisce un osservare empatico ma allo stesso tempo oggettivo.

È uno sguardo non “sul” mondo gay ma “dal” mondo gay, un qualcosa di veramente inedito per il nostro paese, destinato a far parlare di sé e forse anche a f

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FRANCESCO CINQUEMANI http://localhost/cineporto26/francesco-cinquemani/ http://localhost/cineporto26/francesco-cinquemani/#comments Tue, 11 Feb 2014 21:33:17 +0000 http://localhost/cineporto26/?p=132 Image_012Image_034È divenuto autore, sceneggiatore e regista dopo una lunga carriera da giornalista e direttore di giornali. È autore e regista di “Light News” il nuovo programma di informazione cinematografica dell’Istituto Luce Cinecittà.

È creatore e autore della sitcom “Virus” in onda su RaiMovie (59 puntate realizzate dal 2010 al 2012), è co-autore di “Buio” film tv diretto da Nicolaj Pennestri, prodotto da Raffaello e Cristina Monteverde per Mediaset con Valentina Cervi, Andrea Osvart, Margareth Madè e Kasia Smutniak. Ha inoltre scritto, prodotto e/o diretto più di settanta corti di animazione e non, che hanno partecipato a numerosi Festival italiani e internazionali. Ha scritto e co-diretto il programma “Ciufoli tra le stelle” per Sky Cinema (interpretato da Roberto Ciufoli).

Ha diretto diversi video per Bulgari ed è autore della campagna Antimafia “Ritroviamo l’onore” – Fondazione Paolo Borsellino – Rai – Ministero degli interni – “Questura di Palermo” (con Nino Frassica, Loredana Cannata, Marcello Mazzarella e Corrado Fortuna) e di “Vota Vesuvio” (con Peppino di Capri) per la Provincia di Napoli.

OFFSTAGE è il suo primo lungometraggio Documentario.

NOTE DI REGIA “Questo documentario nasce per caso. Conoscevo Antonio Turco da un paio d’anni e abbiamo spesso parlato di lavorare insieme, ma non trovavamo mai il progetto giusto. Ovviamente si trattava di opere di fiction, basate sulle storie vere dei detenuti, ma sempre e solo di fiction. Ho iniziato la mia carriera giornalistica tanti anni fa e ultimamente mi ero sempre più allontanato dalla realtà creandola, riadattandola e modellandola a mio piacimento. Anche se mi piacciono i documentari, non avevo mai provato a realizzarne uno e magari non l’avrei mai fatto se il produttore Sante Giavazzi e Antonio Turco non mi avessero chiesto di curare le riprese di uno spettacolo della compagnia Stabile Assai. Fino a quel momento non li avevo visti recitare, né avevo avuto modo di vedere “Cesare deve morire” dei Fratelli Taviani che era uscito da poco. Li ho incontrati alle prove dello spettacolo e ho avuto la folgorazione. Avevano delle storie, dei percorsi che andavano raccontati. Ero catturato. Dovevo realizzare un documentario su di loro. Ora dovevo scrivere la storia, una traccia. Almeno uno straccio di scaletta. È così che sono abituato a lavorare. Ci sono storie che nascono di getto e le scrivi in poche ore e ci sono storie che sedimentano per anni dentro di te. In questo caso ho operato al contrario: dovevano essere i detenuti a determinare la storia del film e non io. La mia vecchia identità da giornalista risaliva dal fondo della mia coscienza e gridava. È realtà, non finzione. Non puoi toccarla. Non puoi manipolarla! A questo si è aggiunto un altro problema. Purtroppo io, a differenza della maggior parte dei miei colleghi, cambio stile a secondo di quello che giro. Perché credo che sia la sostanza a definire la forma e non il contrario. E quindi sono le mie storie e i miei dialoghi a definire lo stile e non la fotografia. So che è un approccio più da scrittore che da pittore, ma è il mio approccio alla materia e al lavoro. Per seguire questa logica fino in fondo il documentario è stato realizzato senza Direttore della Fotografia. Apposta per essere il più giornalistici possibile e seguire la teoria di Rossellini che diceva: se vedo una bella inquadratura in uno dei miei film la taglio. Il sette di maggio ho iniziato a girare con questi due chiodi fissi in testa: niente storia e niente direttore della fotografia. Doveva essere vero. Non avevo ancora visto “Cesare deve morire”. A metà agosto parto per le vacanze ancora senza storia e senza direttore della fotografia, ma avevo girato più di 400 ore di materiale.

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